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IL CODICE SEGRETO DELL'ENERGIA | HORST BEYER

Non c’è una strada soltanto per arrivare all’arte. Tantomeno esistono materiali con maggiore legittimità di altri nella pratica artistica. Anche la fortuità del caso – come insegnano le avanguardie può avere un ruolo sia nell’origine dell’ispirazione che nella scelta dei mezzi di cui servirsi.


Per Horst Beyer le cose sono andate esattamente così. Ovvero, è stato il caso a fare da tramite dell’intuizione che lo ha spinto a cambiare radicalmente materiali e valori estetici del suo lavoro artistico. Dopo le prime giovanili esperienze con tecniche tradizionali dalla pittura ad olio all’acquerello e le successive sperimentazioni con vari medium, è stata la quotidianità più semplice ad offrirgli suggestioni inaspettate.


«Durante la ristrutturazione della mia casa afferma mi capitò di imbattermi in scarti di fili elettrici di diverse misure e colori. Questo materiale stimolò la mia curiosità e iniziai così ad utilizzare i fili di rame plastificati come se fossero una tavolozza di colori; da quel momento sono diventati materia prima e imprescindibile delle mie opere». Parole che spiegano come fin da subito sia stato affascinato dalla possibilità di servirsi dei fili elettrici non per sostituire la pittura, ma per dipingere con mezzi diversi da quelli convenzionali. Siamo di fronte ad un’operazione che va ben oltre il semplice recupero di uno scarto, perché l’intento è nobilitare un materiale che si presta, per le sue qualità intrinseche, a farne un uso, per così dire, “pittorico”. Si tratta, dunque, di svelare un potenziale implicito nei fili elettrici, di valorizzarne le caratteristiche cromatiche e luministiche come si farebbe con un dipinto. Va da sé che servirsi di uno strumento diverso dal consueto pennello implichi ripensare il processo creativo fin dalle basi. In questo caso, infatti, non c’è un’idea di partenza, un disegno mentale da trasporre nell’immagine dipinta, ma è il materiale ad ispirare l’artista, a suggerirgli accostamenti, intrecci, sovrapposizioni, a fargli decidere, di volta in volta, il giusto rapporto tra metallo

e colore.


Trattandosi di cavi elettrici, potremmo dire che quello che avviene è un trasferimento di energia dal materiale all’artista e viceversa, in un duplice passaggio che si condensa nell’opera finita senza tuttavia esaurirsi. Questa stessa energia arriva, infatti, all’occhio dell’osservatore, passando attraverso le tonalità terrose del rame, i riflessi lunari del grigio metallico, l’intermittenza di tinte calde e fredde, luminose e opache. Una percezione accentuata dal modo in cui i cavi vengono accordati l’uno all’altro, in una trama ora larga ora stretta che percorre la superficie nella sua interezza, in verticale o in diagonale, con cadenza e intensità variabili, generando una dinamicità interna. Nascono così vortici, disegni lineari, intrecci che si dipanano su diversi piani incluso quello della tela dipinta collocata sul fondo orientando lo sguardo verso il centro della composizione oppure invitandolo a spostarsi da un punto all’altro della superficie con un movimento ora continuo e armonico ora irregolare e rapsodico. L’alternanza di rame e plastica genera un tessuto cromatico caratterizzato dal contrasto tra ampie campiture di rosso, nero, grigio, blu e la luminosità del metallo al centro o ai lati della composizione, con sporadici contrappunti di verde e giallo. In questi assemblaggi, il corpo fisico dell’opera passa in secondo piano rispetto al corpo energetico che si manifesta sotto forma di frequenze, pulsazioni, cortocircuiti, deflagrazioni: l’elemento materico diventa, dunque, un tramite per rendere visibili le forze che muovono l’atto creativo. Forze mentali, emotive, interiori, ma anche forze più sottili, misteriose, nascoste, forze che regolano tanto la vita dell’uomo quanto gli equilibri universali.

Opere che tengono insieme il micro e il macro, il battito cardiaco e il respiro cosmico, l’uomo e le stelle, per ricordarci come ogni cosa in natura sia collegata, l’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. Al reticolo di rapporti, scambi, tensioni che caratterizzano una società oggi sempre più interconnessa, Beyer contrappone un campo di forze che interagendo creano ritmo, musica, armonia. Salvare le cose dalla loro insignificanza vuol dire allora non solo riscattarle sul piano estetico ma anche servirsene per conoscere meglio la realtà in cui siamo inseriti. Per riscoprire, attraverso l’elemento simbolico del filo elettrico, il senso profondo della relazione che ci collega gli uni agli altri, alla natura, al vivente.


Daniela Pronestì

Storica dell'arte


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